Stats Tweet

Mazzini, Giuseppe.

Patriota e uomo politico italiano. Figlio di Giacomo, medico e patriota, e di Maria Drago, ricevette una rigida educazione religiosa, che risentì del rigorismo morale della madre e che non fu priva di influenze gianseniste, provenienti anche dai padri Luca Agostino De Scalzi e Stefano De Gregori, ai quali fu affidata la formazione del giovane. Avviatosi agli studi giuridici, conclusi con la laurea nel 1827, fu coinvolto nei tumulti di Genova del 1820. Negli anni seguenti, stretta amicizia con i fratelli Ruffini, L.D. Pareto, G.E. Benza, aderì alle idee romantiche, approfondendo in particolare il problema del rinnovamento della letteratura italiana, che egli concepì inscindibilmente legato ad un rinnovamento morale e politico della Nazione italiana. Propugnando quindi uno stretto connubio tra letteratura e impegno civile-politico, M. collaborò all'"Indicatore genovese" (1828) e, dopo la soppressione della testata, all'"Indicatore livornese" diretto da Guerrazzi. A questi anni risale la stesura di scritti di argomento letterario, quali D'una letteratura europea (1829) e Dell'amor patrio in Dante (1837, ma composto parecchi anni prima): in essi, frutto di una solida formazione letteraria, sono contenuti gli elementi centrali del sistema critico mazziniano ed elementi (la dottrina del genio, il fatto estetico concepito in subordinazione al messaggio etico e civile, la necessità di un'ispirazione sociale dell'arte) ricorrenti anche nelle opere successive. Iscrittosi alla Carboneria nel 1827, M. partecipò ai moti che questa organizzò in Liguria e in Toscana; dopo l'arresto del 1830 e un breve periodo in carcere, fu costretto all'esilio a Ginevra, Lione e infine Marsiglia. Staccatosi dalla Carboneria, andò progettando la costituzione di una nuova associazione, che avrebbe dovuto operare per la creazione di una Repubblica democratica indipendente mediante moti insurrezionali che coinvolgessero l'intera popolazione, non ristretti ad un'unica classe sociale, e la cui efficacia non dipendesse dall'intervento di potenze straniere. Nacque così la Giovine Italia (V.), fondata a Marsiglia nel 1831, il cui Manifesto apparve nel primo fascicolo dell'omonimo periodico, organo ufficiale dell'associazione. Nonostante la profonda differenza di metodi che distingueva la Giovine Italia dalle altre associazioni a carattere segreto e settario, M. operò in alcuni casi con il loro appoggio. Il fallimento di alcuni moti, come quello organizzato nel 1834 nella Savoia, non impedì la rapida diffusione della Giovine Italia, soprattutto nelle regioni centrali della penisola e negli Stati sardi, anche presso gli strati più poveri della popolazione. Nello stesso 1834 M. allargò il programma rivoluzionario mediante l'Atto di fratellanza, fondando la Giovine Europa (V.), articolata nelle espressioni nazionali delle omonime associazioni (italiana, polacca, tedesca, ecc.), che costituì il primo tentativo di organizzazione internazionale a carattere sovranazionale. Gli anni immediatamente successivi furono per M. un periodo di ripensamento e di crisi (che egli stesso definì "tempesta del dubbio"), che coinvolse i principi fondamentali della sua azione politica. La crisi fu superata mediante l'accentuazione del significato religioso dell'agire politico, nella consapevolezza che la vita deve essere concepita come missione, alla quale non ci si può sottrarre. Ogni particolarità individuale deve essere trascesa per il bene della Nazione: solo nel proprio popolo, infatti, l'uomo può essere se stesso, così come i popoli, manifestazione di Dio, sono riuniti in una fratellanza universale. Il principio di nazionalità si trasformava in tal modo in forma morale. Nel frattempo M. non tralasciò l'attività critica letteraria, compilando volumi ricchi di importanti intuizioni interpretative, per i quali egli resta una figura di primo piano anche nell'ambito più strettamente letterario: Del dramma storico (1830), Ai poeti del secolo XIX (1832), Byron e Goethe (1840). Trasferitosi nel 1837 a Londra, dove si adoperò per sensibilizzare l'opinione pubblica alla questione italiana, M. diede vita alla cosiddetta seconda Giovine Italia, ritornando all'attività politica dopo un'assenza di qualche anno. Pur mantenendo l'originaria impostazione interclassista dell'associazione, dedicò una maggiore attenzione alle esigenze della classe operaia, alle quali intese dare voce sulle pagine del nuovo periodico "Apostolato popolare" (1840-43). Gli anni Quaranta videro l'affermazione degli orientamenti liberal-moderati e riformisti, mentre la proposta mazziniana, basata sul metodo insurrezionale, subiva un ridimensionamento del favore popolare: in tale quadro, M. mantenne un atteggiamento moderato e realistico, contrario a tentativi di rivolta poco preparati, che si dimostrarono largamente fallimentari (moti di Romagna del 1843 e 1845, che M. non aveva approvato; spedizione dei fratelli Bandiera, 1844). Nel 1848 la corrente mazziniana sembrò poter realizzare i propri obiettivi: a Parigi M. fondò l'Associazione nazionale italiana, che mirava a costituire un unico fronte in funzione antiaustriaca senza tuttavia affrontare il problema del futuro assetto costituzionale dell'Italia in caso di vittoria. Dopo la clamorosa rottura tra M. e i federalisti milanesi (che auspicavano l'unione della Lombardia con il Piemonte sabaudo) e in seguito alle vittorie austriache, M. dovette rifugiarsi a Marsiglia, da dove fece ritorno in Italia per proporre l'unione della Toscana (ribellatasi e guidata dal partito democratico) a Roma, nel frattempo autoproclamatasi Repubblica e della quale lo stesso M. fu nominato triumviro insieme ad A. Saffi e C. Armellini. Dopo la caduta di Roma (1849) M. si adoperò per la creazione di un Comitato democratico europeo (1850), articolato in più settori operanti ciascuno nel proprio ambito nazionale, ma che vide tuttavia fallire i moti insurrezionali organizzati a Milano nel 1853 e a Genova nel 1857. Negli anni seguenti il movimento mazziniano conobbe un progressivo indebolimento, con il distacco di numerosi esponenti sia di tendenze progressiste o vicini al Socialismo (gruppo napoletano di "Libertà e giustizia"), sia orientati verso un più deciso moderatismo. M., che nel 1853 aveva fondato il Partito d'azione (V. AZIONE, PARTITO D'), viaggiava tra Londra, l'Italia, Lugano, continuando l'attività di propaganda politica, soprattutto dalle pagine dei periodici da lui fondati "Pensiero e azione" (Londra) e "Popolo d'Italia" (Napoli). In occasione della guerra scoppiata nel 1859 egli cercò di accentuare il carattere italiano e democratico dell'insurrezione, per evitare il pericolo di un'eccessiva ingerenza da parte dello Stato sabaudo e un conseguente accantonamento del Partito Repubblicano. In tal senso appoggiò l'impresa garibaldina dei Mille, tentò di organizzare un'iniziativa insurrezionale nell'Italia meridionale e propugnò la creazione di una Costituente eletta a suffragio universale. Dopo la formazione del Regno d'Italia, ostile non solo alla politica sabauda di accentramento e di piemontesizzazione, ma anche alle spedizioni di Garibaldi del 1862 e del 1867, M. dedicò gli ultimi anni della sua attività alla questione di Roma e al problema sociale, che le nuove condizioni economiche ponevano in modo sempre più urgente. Nel 1870, durante una spedizione per la liberazione di Roma, fu arrestato e incarcerato nel forte di Gaeta; amnistiato, fece ritorno a Londra. Contrario al Socialismo e alla Prima Internazionale, di cui condannò il carattere antireligioso, il metodo della lotta di classe e la negazione della proprietà individuale oltre che del concetto di Nazione, M. propose invece il metodo dell'associazione volontaria, che prevedeva la condivisione del lavoro e del capitale. Trasferitosi di nuovo a Lugano, rientrò in Italia nel 1872. Le numerose opere di M., di argomento politico e letterario, sono state pubblicate nell'Edizione nazionale, per un totale di 100 volumi, tra il 1906 e il 1943 (Genova 1805 - Pisa 1872).
Un ritratto di Giuseppe Mazzini